FONDI CIPE MAI UTILIZZATI E MANCANZA DI PROGETTI ADEGUATI: IL DESERTO ITALIANO DEGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE

FONDI CIPE MAI UTILIZZATI E MANCANZA DI PROGETTI ADEGUATI: IL DESERTO ITALIANO DEGLI IMPIANTI DI DEPURAZIONE

Ci sono adeguamenti normativi che non si fanno per mancanza di fondi, perché ci sono interventi più urgenti a cui si da la precedenza o altri che non si portano a termine sempre per lo stesso motivo. E poi ci sono quei lavori che non vengono realizzati nonostante i fondi ci siano e qui le motivazioni sono ovviamente altre, e si vanno spesso a ricercare nella mancanza di progetti adeguati e di qualità e quindi nella mancanza di aziende in grado di fornire la giusta risposta alle necessità dei propri clienti.

È esattamente questo ciò che sta accadendo in alcune regioni del Mezzogiorno, che hanno perso l’occasione offerta dai fondi Cipe (Comitato interministeriale per la programmazione economica), destinati alla costruzione e all’adeguamento dei sistemi di raccolta e di trattamento secondario delle acque reflue urbane, che avrebbero permesso all’Italia di rimettersi in linea con l’adeguamento richiesto ormai già 18 anni fa.

A seguito di questa mancanza (ormai fin troppo protratta nel tempo), l’Italia è stata condannata dalla Corte di Giustizia dell’Ue a pagare una multa forfettaria di 25 milioni, cui si aggiungono 30 milioni per ogni semestre di ritardo all’adeguamento alle norme vigenti in materia di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane.

Mancanze che diventano ancora più gravi se ci si rende conto che l’inadempimento dell’Italia fu condannato per la prima volta già ben 6 anni fa: nel 2012 infatti con i suo i 109 agglomerati fuori legge in materia di acque reflue, l’Italia veniva già richiamata per non aver adempito agli obblighi previsti dalla direttiva. In tutti questi anni pochi sono stati i passi in avanti: gli agglomerati attualmente non in regola e quindi sprovvisti di reti fognarie o di sistemi di trattamento delle acque di scarico, si sono ridotti a poco più di una settantina, ma la preoccupazione resta comunque ai massimi livelli. L’assenza di impianti adeguati può provocare ingenti danni sull’ambiente (acque di fiumi, laghi e mare) e non solo. Si tratta di un emergenza che può portare serie conseguenze anche all’economia e al turismo del nostro paese.

Con l’emissione di questa multa non ci resta che augurarci che la questione del trattamento delle acque reflue e gli interventi necessari, che dovevano essere attuati entro il 2000, diventi un argomento di prim’ordine nell’agenda politica ed economica italiana, e che tutti insieme ci si impegni a fornire progetti adeguati e di qualità che non rendano vani gli sforzi, garantendo ai cittadini di vivere all’interno di un ambiente sano e sicuro per se stessi e per le generazioni future.